Domenica il 54º Trofeo Vanoni (SO)
Il Trofeo Vanoni è la gara che, più di ogni altra, racconta la storia della corsa in montagna. In 53 edizioni sono passati su questo tracciato i migliori di questa disciplina, qualcosa come otto campioni del mondo e quattro campioni europei di corsa in montagna, tre olimpionici, senza contare i campioni nazionali e gli atleti che hanno vestito la maglia azzurra e quest’anno ci saranno i due campioni del mondo di corsa in montagna lunghe distanze in carica: Mitja Kosovelj (Slovenia) e Pippa Maddams (Gran Bretagna). Cosa rende speciale questo evento sportivo? Sicuramente la gara, nell’avvincente formula a staffetta, e il percorso, tecnico e veloce, ma anche tutto quello che gli ruota attorno: il pubblico competente e appassionato, la perfetta macchina organizzativa del G.S. CSI Morbegno, il coinvolgimento di un’intera città, le sincere e profonde amicizie sportive nate tra gli atleti, gli scambi con le squadre nazionali di mezza Europa. Domenica 23 ottobre assisteremo per la 54esima volta alla ripetizione di un rito, di un evento che ormai diventa quasi difficile da presentare visto lo spessore raggiunto. Saranno circa 120 le staffette in gara e dopo che i 300 ragazzi del 34° Minivanoni e le 50 donne del 28° Vanoni femminile avranno scaldato gli animi durante tutta la mattinata, toccherà agli uomini, alle ore 14.00, offrire lo spettacolo clou. Si parte dalla centralissima via Vanoni e in pochi secondi il gruppone di atleti arriva in piazza Marconi (più conosciuta come piazza Tre Fontane) e qui si inizia subito a fare sul serio. La strada sale, ripida, subito a spezzare il fiato e indurire le gambe. Superati la Chiesetta dell’Angelo Custode e il Palazzo Malacrida si accede alla via Priula, l’antica via di comunicazione che collegava Morbegno con Bergamo per poi proseguire fino a Venezia. Toglie subito il fiato il percorso del Trofeo Vanoni e si corre quasi in apnea fin sopra il Tempietto; arriva la strada asfaltata che porta a Bema in soccorso, permettendo agli atleti di riprendersi da questo tour de force. Ma i migliori non si concedono pause, anzi, incrementano il ritmo su questo tratto in falsopiano che porta ai piedi del temuto Dosso. Quando lo si attacca, il Dosso, è bene non alzare la testa, non guardarlo dritto negli occhi, si rischia di perdere le forze e di farsi intimorire. Bisogna affrontarlo con un passo corto e rapido, magari leggero, sfiorando le foglie che l’autunno fa cadere copiose dagli alberi di castagno. Se invece il fondo è bagnato bisogna cercare, quasi con disperazione, gli appoggi giusti per non scivolare. Scollinato il Dosso le donne percorrono un traverso in saliscendi che le porta in località Bellini dove si ricongiungono al percorso maschile. Per gli uomini, invece, la fatica prosegue, un po’ più leggera perché le pendenze diminuiscono, ma comunque continua e per chi, ancora ci riesce, è l’occasione di prendere il ritmo giusto per arrivare al Gran Premio della montagna davanti alla Chiesa di Arzo prima dei diretti avversari. Qui, tra due ali di folla, si scollina e non c’è tempo per recuperare, non c’è tempo per guardare il cronometro o tirare il fiato. La discesa chiama ad un nuovo impegno, questa volta più tecnico, ricercando quella lucidità che permetta di affrontare la ripida discesa nel bosco. Non ci sono alternative, bisogna lanciarsi a capofitto se non si vogliono perdere secondi preziosi. Si passa per i Bellini, poi giù fino al Tempietto e da qui alla piazza S. Antonio. Ora arriva il pezzo più impegnativo: la via Vanoni può essere una passerella trionfale per chi è riuscito a impostare la gara nel migliore dei modi oppure un ultimo calvario da affrontare con le gambe ormai a pezzi. Per tutti il sostegno del pubblico che veramente aiuta ad affrontare questi ultimi ed emozionanti metri che fanno quasi venire la pelle d’oca, sia per chi li vive in prima persona, sia per chi vi assiste ai bordi del percorso, sia per chi li racconta ai posteri.
Ma chi sono stati i migliori di sempre al Trofeo Vanoni? Solo nel 1981 si riuscì a scendere sotto il muro dei 30 minuti e fu proprio un valtellinese: Gianni Rovedatti dell’ADM Melavì Ponte che fermò i cronometri dopo 29’46”. Due anni dopo il piccolo grande della corsa in montagna Fausto Bonzi (Atletica Valli Bergamasche) fece lo stesso tempo, ma subito nel 1984 lo portò a 29’14”, record che resistette nel 1985 all’attacco del fenomeno Kenny Stuart (29’15”) e che poi rimase inavvicinabile per 22 anni; solo Davide Milesi (C.S. Forestale) nel 1991 riuscì ad eguagliarlo. Si dovette aspettare fino al 2006, quando un Marco De Gasperi all’apice della sua carriera riuscì per primo, e fin’ora unico, a scendere sotto il muro dei 29 minuti portando il record a 28’45”. Nel 2007 la Forestale con Marco Rinaldi, Emanuele Manzi e Marco De Gasperi abbassò il record a squadre a 1h28’55”, dopo che il primato dell’Alitrans Verona (Vallicella, Bonzi, Pezzoli in 1h29’’22”) resistette 21 anni. Anche nel Vanoni femminile bisogna citare grandi nomi per ripercorrere la storia delle migliori prestazioni: storico divenne il record dell’inglese Carol Haigh che nel lontano 1986 volò letteralmente correndo in 21’48”. Ci vollero 21 anni e un’altra campionessa del mondo, la ceca Anna Pichrtova, per migliorare questo eccezionale tempo e portarlo a 21’41”.Per chi proprio non riuscirà a venire a Morbegno domenica 23 ottobre a godersi questo spettacolo, potrà rivederlo nello speciale di Teleunica, leggere le tre pagine interamente dedicate da Centro Valle sull’edizione di sabato 29 ottobre oppure visitare il sito
Ufficio Stampa G.S. CSI Morbegno