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Campionato mondiale ed europeo di 24 ore, il resoconto di Stefano Scevaroli


A Katowice in Polonia, sabato 8 e domenica 9 settembre, si sono disputati il Campionato Mondiale e quello Europeo di 24 ore su strada, con in palio i titoli individuali e per nazione.

248 sono stati gli atleti partiti in rappresentanza di 35 Nazioni, di cui 150 uomini e 98 donne. L’Italia si è presentata al via con 17 atleti, 9 uomini e 8 donne.

Il circuito di gara, lungo esattamente 1.544,87 metri e disegnato all’interno di un bellissimo parco, secondo gli addetti ai lavori si è rilevato problematico per una 24 ore, a causa del fondo stradale, costituito per diverse centinaia di metri da autobloccanti e quindi molto duro e in un breve tratto anche un po’ sconnesso. D’altro canto invece è risultato uno dei più belli a vedere.

La partenza è stata data come da programma alle ore 12.00 di sabato 8 settembre.

E’ stata una competizione di alto livello tecnico, con ben 21 prestazioni superiori ai 240 km, di cui 2 femminili e nella quale soprattutto i due vincitori hanno conseguito entrambi il record dei campionati del mondo: tra gli uomini lo statiunitense Mike Morton ha conseguito 277,543 km (precedente Yannis Kouros GRE 275,828 km nel 2001 a San Giovanni Lupatoto ITA), tra le donne la rappresentante della Repubblica Ceka Michaela Dimitriadu ha percorso 244,232 km (precedente Anne-Cecile Fontaine FRA 243,644 km nel 2009 a Bergamo).

Fra l’altro l’americano si è ora collocato al terzo posto nella graduatoria all time maschile, dopo il mito Kouros (303,506 km nel 1997) e il russo Denis Zhalybin (282,282 km nel 2006). Così pure la Dimitriadu si è portata al quarto posto all time tra le donne, dopo la primatista mondiale Mami Kudo (JPN – 255,303 km nel 2011), l’ungherese Edit Berces (250,106 km nel 2002 a San Giovanni Lupatoto) e l’inglese Elizabeth Hawker (247,076 km nel 2011). 

In questo contesto stavano sicuramente dando la loro impronta anche i nostri due atleti più accreditati, Monica Casiraghi e Ivan Cudin.

Monica Casiraghi ha condotto la prima parte di gara evitando di seguire la partenza “a razzo” della giapponese Mami Kudo, che alla sesta ora aveva infatti un vantaggio sull’azzurra di oltre 1.600 metri: una scelta, quella di Monica, che le ha consentito all’ottava ora di sopravanzare la giapponese quando quest’ultima ha poi cominciato ad avvertire le conseguenze di un avvio troppo brillante (si ritirerà alla 13^ ora).

La gara di testa della brianzola è iniziata nell’ottava ora ed è durata fino quasi al termine della decima ora di gara, quando Monica ha cominciato ad avvertire i primi problemi alla schiena e alla spalla, costringendola prima a rallentare e poi a fermarsi definitivamente durante la 12^ ora. Sono convinto che senza questo problema Monica avrebbe conseguito una grande prestazione sulla distanza, se non la migliore. Si rifarà presto in Olanda l’anno prossimo, statene certi.

Ancor più avanzato il rammarico per Ivan Cudin, che si è dovuto fermare alla 18^ ora per un problema muscolare al soleo, dopo aver tentato inutilmente, con l’impegno dello staff medico e paramedico, di salvare una gara, che stava prospettandogli solo tre ore prima un epilogo di altissimo valore. Ivan era partito come da copione con una regolarità impressionante al ritmo di 12 kmh e così facendo era riuscito prima a portarsi in terza posizione nelle prime sei ore e a collocarsi poi stabilmente al secondo posto dalla 9^ ora di gara fino alla 16^.

Pensate che Ivan ha tenuto perfettamente i 12 kmh per ben 13 ore, per poi passare agli 11 kmh nelle successive. Notevolissimo a livello statistico è stato anche il passaggio dell’azzurro allo scadere delle 12 ore. La distanza certificata percorsa risulta di 143,672 km in 11h55’21” quando mancavano quindi ancora 4’39” dallo scadere delle 12 ore, non sufficienti a percorrere un altro giro, ma sicuramente per migliorare la Miglior Prestazione Italiana delle 12 ore. Ricordiamo infatti che questa MPI è stata conseguita nel 1991 a Moreuil (FRA) con 143,816 km dal grandissimo Boris Bakmaz, che rimane quindi in carica per soli 143 metri, che sarebbero stati sicuramente percorsi in quei 4’39” avanzati.

Ho raccolto telefonicamente anche una dichiarazione del primatista Boris Bakmaz, che ha affermato con la signorilità che lo contraddistingue che sarebbe stato felicissimo di essere sostituito nella lista cronologica da un grande campione come il suo amico Ivan Cudin.

Nessuno può dire come si sarebbe evoluta la gara senza l’infortunio di Ivan, perché la prestazione del vincitore è stata di altissimo livello tecnico (media oraria finale di oltre 11,5 km), ma Ivan era stato lì a soli 15 minuti di distacco da Mike Morton dalla 10^ alla 16^ ora, quando poi il dolore ha cominciato a creare i primi problemi seri all’azzurro.

Molte le nazionali, come la nostra, all’asciutto di risultati, a partire dal Giappone che non ha conseguito nessuna medaglia e che schierava la Mami Kudo, primatista mondiale con 255,303 km (nel 2011) e Shingo Inoue, vincitore del Campionato del mondo del 2010; così come la Russia, davanti a noi tra gli uomini, ma dietro tra le donne.

Il percorso molto duro ha creato diversi contrattempi in diverse rappresentative, con molti ritirati, ma purtroppo anche per altri nostri azzurri.

E’ il caso di Annemarie Gross, detentrice della seconda prestazione italiana di tutti i tempi (229,166 km nel 2010 a Brive), che ha avuto infatti anche lei un problema muscolare, che l’ha costretta nella 17^ ora all’abbandono, quando aveva già comunque totalizzato oltre 154 km nonostante l’infortunio le stesse dando fastidio da diverse ore. Tutti conoscono le doti di regolarità di Annemarie, indispensabili in questa specialità: sono convinto che avrebbe conseguito una prestazione di altissimo livello.

La squadra femminile, che si stava comportando complessivamente molto bene, ha dovuto fare a meno alla 19^ ora anche di Maria Ilaria Fossati, a causa di una contrattura muscolare. Pregevole la prestazione della milanese fino alla 14^ ora, in linea e con apprezzabile regolarità verso una prestazione proiettata sui 210 km finali, fino a quando ovviamente ha cominciato ad avvertire i primi segnali del risentimento muscolare.

Tra gli uomini uno dei primi a pagare lo scotto della durezza di questo percorso è stato Diego Di Toma che ha avvertito molto presto le prime noie, lui al tallone, e nonostante alcune soste per le cure dello staff, nulla ha potuto, fino alla ragionevole decisione dello stop. Peccato anche per lui, perché la sua condotta di gara era stata molto regolare sui suoi livelli attesi.

L’ultimo stop da segnalare (sei in totale tra gli azzurri) in particolare tra gli uomini è quello di Antonio Tallarita, anche lui molto regolare sull’andatura convenuta con i tecnici, ovvero i 10,5 kmh nelle primissime ore e poi successivamente  dai 10 ai 9,5 kmh con i seguenti passaggi: 62 km alle 6 ore, 93 alle 9 ore, 122 alle 12 ore, 150 alle 15 ore; e le seguenti posizioni: 89° uomo alle 6 ore, 65° alle 9 ore, 56° alle 12 ore, 43° alle 15 ore. Una condotta di gara accorta la sua, che è proseguita fino alla 18^ ora, quando improvvisamente, fermatosi al “box azzurro” per una breve sosta, ha avuto un malore, dal quale si è riavuto prima grazie all’assistenza del nostro staff medico e poi definitivamente con l’ausilio dell’ambulanza dell’organizzazione. Per lui la gara è finita lì dopo 17h 30’, quando aveva totalizzato 173 km.

Ma ora passiamo alle note positive, direi decisamente molto belle, che hanno visto 2 migliori prestazioni personali (Barchetti e Montagner) e 4 sfiorati di pochissimo (Rovera, Accorsi, Oliveri e Valdo).

Iniziamo dalle donne per cavalleria con Monica Barchetti, capace di battere alla grande con la bellezza di 210,640 km il suo primato personale, sia quello ufficiale (187,770 nel 2008 a Seoul), sia quello riportato a Baselga di Pinè sempre nel 2008 (199,024) su percorso non certificato. Per lei un eccellente 19° posto nel Mondiale e il 15° nell’Europeo. Di notevole spessore mi piace mettere in rilievo sia l’atteggiamento tecnico dell’emiliana, regolare sui ritmi programmati, una qualità che ritengo fondamentale nella 24 ore; sia la determinazione e la volontà di ferro che l’hanno accompagnata, al pari del compagno Andrea Accorsi, nel periodo della preparazione funestata dall’evento sismico e da un lutto familiare. A Monica Barchetti sono stati assegnati anche i “gradi” di capitano della rappresentativa femminile.

Proseguiamo tra le donne con Monika Moling, al rientro nelle competizioni che contano, dopo la pausa dedicata agli studi e poi con successo alla laurea. Monika ha affrontato con cautela la gara, dove ha un personale di 202,425 km (2007 a San Giovanni Lupatoto) e ha ottenuto alla fine un incoraggiante 189,587 km che la riporta nelle classifiche internazionali (38^ nel Mondiale e 32^ nell’Europeo).

Ancora una donna sugli scudi, Virginia Oliveri, a distanza di quasi un anno dalla maternità della bellissima Camilla, per la gioia di papà Pablo Barnes, anche lui tra i protagonisti di questo mondiale con i colori dell’Argentina. Virginia ha dato dimostrazione di essere tornata ai suoi livelli con la ragguardevole distanza di 188,658 km a soli 1,5 km dal suo primato personale di 190,162 km (2010 a Brive) e il 39° posto nella classifica mondiale (33^ nell’Europeo). Anche su Virginia possiamo contare per un roseo futuro.

Quarta classificata azzurra, matricola alla sua prima esperienza internazionale, la veronese Sara Valdo ha confermato la buona impressione destata a Venezia nella primavera scorsa quando con 185,203 km conquistò il pass per il Mondiale. Regolarità e determinazione sono le sue caratteristiche, suggellate dai 184,656 km percorsi in Polonia a soli 547 metri dal personale. La condotta di gara anche per lei esemplare – a quattro ore dal termine aveva già percorso poco più di 160 km e correva da molte ore al ritmo di 7,5 kmh – la stavano proiettando verso i 190 km. Solo un piccolo calo nelle ultimissime ore le ha impedito di raggiungere quello che sarà ora probabilmente il suo prossimo obiettivo. Anche su di lei possiamo sicuramente puntare per il prossimo futuro.

La capolista per numero di maglie azzurre indossate, ben 26 tra 100 km e 24 ore, Lorena Di Vito si è avvicinata a questo Mondiale senza le consuete aspettative, a causa di alcuni problemi, tra cui un intervento chirurgico. Ricordiamo che nel 2010 aveva percorso 197,556 km e come personale può vantare un 206,190 km del 2004. La condizione imperfetta non le ha comunque impedito di passare a metà gara con oltre 95 km, ma poi si è ovviamente evidenziata nella seconda parte, consentendole un risultato finale di 160,996 km.

Passiamo ora agli uomini con l’eccellente prestazione di Paolo Rovera, classificatosi al 16° posto nel Mondiale e al 14° nell’Europeo, con 241,538 km a poco più di 1 km dal proprio personale (242,863 km). Anche a lui vanno i complimenti per una gara molto accorta e regolare, che l’hanno visto guadagnare posizioni pressoché sempre, fino ad entrare nell’eccellenza internazionale. Paolo era alla sua quarta esperienza nella 24 ore e guardate che tabellino di marcia invidiabile può ora vantare: 232,238 km nel 2009, 242,863 nel 2010, 227,563 nella primavera del 2012 (a Milano, come test) e ora 241,538.

Proseguiamo con Andrea Accorsi, classificatosi al 30° posto nel Mondiale e al 24° nell’Europeo, con 229,690 km. Niente male …. per una matricola al debutto in azzurro e a soli 2 km dal proprio primato personale di 231,586 km (conseguita nel 2010 a Grenoble). Anche per lui valgono le riflessioni fatte prima per la compagna Monica Barchetti e a lui vanno i miei complimenti per la giudiziosa condotta di gara, che gli ha consentito di essere il secondo italiano ai fini della classifica per nazioni.

Il terzo italiano a contribuire per la classifica di squadra maschile è stato il torinese Stefano Montagner, l’altro azzurro che è riuscito a battere il proprio primato personale, risalente nel suo caso al 2009 (224,591 km a Palermo), capace qui a Katowice di realizzare 224,611 km e conquistare il 39° posto nel Mondiale e il 30° nell’Europeo. Abbastanza buono il suo passaggio a metà gara con 118,9 km a dimostrazione anche per lui di un ottima condotta di gara.

Quarto tra gli azzurri, è stato il capitano della rappresentativa azzurra maschile, Marco Baggi. Con la distanza percorsa di 203,194 km si è piazzato al 67° posto nel Mondiale (52° Europeo), per la settima volta nella sua carriera sopra i 200 km. E’ stato uno dei più attivi e collaborativi al servizio dei propri compagni di squadra, sia nei momenti di difficoltà della gara, sia nelle giornate di avvicinamento all’evento.

Quinto tra i maschietti, si è classificato il pugliese Vito Intini, anche lui fresca matricola, con il risultato di 194,684 km. La prima parte di gara di Vito (112 km alle 12 ore), corsa con sufficiente regolarità, faceva pensare ad una proiezione quantomeno superiore ai 210 km, ma nella notte purtroppo le cose non sono proseguite così. Vista l’impossibilità di riportare una prestazione all’altezza delle sue aspettative, Intini si è messo al servizio della squadra, aiutando per diverse ore i colleghi soprattutto nei momenti più delicati. Questa fase, chiamiamola di recupero, ha consentito ad Intini a disputare l’ultima ora di gara a ritmi da 100 km, anche oltre i 13 kmh.

L’altro azzurro che non abbiamo ancora citato è il vicentino Gastone Barichello (capitano nell’ultimo mondiale di Brive), che ha percorso nella prima metà gara la distanza di 113,5 km, dopo la quale purtroppo ha fatto seguito una fase di calo, che gli ha impedito di tornare ai suoi livelli (a Brive 2010 aveva superato i 224 km).

Per dovere statistico, queste sono invece le distanza percorse dagli atleti che hanno abbandonato anzitempo:

Cudin Ivan: 188,474 km

Tallarita Antonio: 171,480 km
Gross Annemarie: 156,031 km

Fossati Maria Ilaria: 154,487 km

Casiraghi Monica: 115,865 km

Di Toma  Diego: 101,961 km

Nelle classifiche per nazioni la squadra azzurra maschile si è piazzata al decimo posto nel Mondiale e all’ottavo nell’Europeo, mentre la squadra azzurra femminile si è classificata all’ottavo posto nel Mondiale e al settimo nell’Europeo.

Presonalmente ho vissuto con l’altro tecnico Giorgio Marchesi e con questi atleti emozioni molto forti, a tratti travolgenti, sia durante la gara nei momenti più difficili per loro, sia alla fine nell’epilogo finale della gara.

Ovviamente i momenti difficili lasciano il segno, ancor più se costringono all’abbandono, ma tutti gli atleti (ripeto tutti) hanno affrontato da subito molto bene l’abbandono o la difficoltà fisica.

L’hanno affrontata con la pazienza tipica degli ultramaratoneti, nella speranza passasse, con molta saggezza, con la consapevolezza di avere al loro fianco uno staff preparatissimo e un gruppo di compagni di squadra, con un cuore grande come una casa.

Ho visto atleti rallentare, addirittura fermarsi ed attendere per sostenere e mettersi al servizio del compagno o della compagna di squadra in difficoltà.

Le condizioni logistiche erano veramente difficili per noi: lo spazio del box italiano era grande 5×3 metri e doveva ospitare 5 assistenti davanti ai tavoli dei rifornimenti, 2 medici e altre due risorse per l’allestimento del back-space; all’interno dello staff già citato operavano anche tre fisioterapisti; i 2 tecnici (io compreso) siamo stati costretti a posizionarci in altra zona per seguire la condotta di gara degli atleti, salvo un breve periodo di pioggia, che ci ha costretto ad entrare nel box azzurro. Ciò nonostante ho visto uno staff incredibile ed impeccabile per organizzazione, per professionalità e per abnegazione.

Concludo le mie analisi tecniche, confermando che sono contento e soprattutto fiero di questo gruppo di atleti e del loro impegno ed aggiungo riconoscente verso di loro per aver applicato con dedizione e cura tutti i nostri suggerimenti e direttive circa la condotta di gara.

Stefano Scevaroli
coordinatore Tecnico Federale – settore Ultramaratona
resp. Area Atleti Iuta  

Marco Ceste