Coledale Horsehoe nel racconto di grandi e piccoli protagonisti
La mia prima gara di Fellcross running 2012
di Isabebella Labonia.
Come i poeti dei laghi Wordsworth e Coleridge nel Settecento così anche tutti i fellrunners, accorsi sabato dall’intero Regno Unito per il campionato nazionale inglese di fellcross running, hanno onorato a loro modo le montagne ventose del Lake district (le Fell appunto, dal norreno fjallr, termine portato in Inghilterra dagli invasori vichinghi) correndo a perdifiato su e giù per un percorso mai monotono, che varia dalle pendici erbose, ai sentieri fino alle creste rocciose da salire con l’aiuto delle mani.
E come vichinghe, allo scoccare delle 13 in punto di sabato 14 aprile, noi donne ci siamo lanciate sulla prima salita erbosa per lasciare la Braithwaite farm da cui la gara ha preso il via. Dopo aver attraversato il piccolo paesino, che sembra un dipinto del romanticismo inglese, con casette bianche, verdi prati costellati da narcisi gialli e pecorelle, un piccolo fiume da attraversare su ponticelli in pietra, l’ambiente man mano che si sale di quota diventa sempre più brullo e sferzato dal vento. Daniel Defoe nel 1724 descrive così questa terra: « la più selvaggia, più arida e spaventosa che mi sia capitato di attraversare in Inghilterra, o anche nel Galles stesso, e il lato ovest, che confina con il Cumberland, è infatti delimitata da una catena di montagne quasi invalicabili che, nella lingua del luogo, sono chiamate fells. »
Dal ‘700 ad oggi nulla sembra cambiato qui. Tutti i poeti che hanno dedicato le loro liriche al lake district hanno imperniato la poesia sulla progressiva interiorizzazione dello spettacolo naturale e dall’emozione da esso suscitata. E come non lasciarsi trasportare dall’emozione correndo su salite spacca gambe in cui presto si è dovuto cominciare a camminare con le mani sulle ginocchia perché la pendenza aumentava progressivamente. Per fortuna un pubblico numeroso ha sfidato il freddo per fare il tifo e, quando arrancavamo in salita, sentire gli incitanti ‘hold on hold on’ (resisti, resisti) dava la forza di continuare a spingere. L’unico momento di panico è stato affrontare la cresta su ci siamo dovuti arrampicare con le mani coi primi uomini, partiti 15 minuti dopo noi donzelle, che mi superavano a destra e sinistra e si arrampicavano come se dovessero assaltare una fortezza in tempo di guerra. Un vero e proprio assalto, che è proseguito anche in discesa, quando sentivo urlare alle spalle ‘on the right’ (a destra) e mi chiedevo se io dovessi mettermi a destra o se si sarebbe messo a destra l’atleta che premeva per superarmi, perché visto la loro guida al contrario non c’era da essere sicuri di nulla!!!
Avrei voluto essere più audace nelle discese, ma la stanchezza dovuta al ritmo in soglia della salita e il vento gelido negli occhi, mi hanno impedito di lasciare andare le gambe come invece hanno fatto gli autoctoni, che evidentemente conoscono il loro territorio e non hanno dovuto prestare attenzione ai passi di chi li precedeva, per capire se la brughiera era una palude fangosa o una semplice steppa erbosa, e alle traiettorie, per risparmiare tempo e fiato, imboccando sentieri inesistenti sulle contropendenze piuttosto che scollinando su roccia. Obbligatorio per tutti era, infatti, il passaggio ai tre punti di controllo, ma la caratteristica principale di queste gare di fellcross running è proprio che ognuno può scegliere come raggiungerli tramite il tragitto indicato sulla mappa in dotazione ad ogni atleta insieme alla bussola e al kit di emergenza in caso di nebbia o maltempo (antivento, cibarie e fischietto).
Come i personaggi delle poesie di Wordsworth e Coleridge che hanno reso famosa la Cumbria in tutto il mondo, anche ogni atleta sabato alla prima prova del Valetudo Mountain Running International Cup non ha potuto non sentirsi parte della Natura. Non si tratta di una semplice identificazione, ma di un modo di sentire la Natura, un Senso della Terra che guida ogni atleta che sceglie di abbandonare il cronometro e le gare su strada per dedicarsi alla corsa nei boschi o sulle vette: in questo innalzarsi dello spirito verso il cielo, i fellrunners, così come gli skyrunners, trovano una consapevole volontà di radicarsi alla Terra.
Tra gli atleti della Valetudo skyrunning che hanno preso parte al circuito, ottimo il secondo posto del rumeno Ionut Zinca, abituato più alle lunghe distanze che alle sparate su tragitti corti e il quinto posto della campionessa Debora Carbone. Notevole il 22esimo posto della campionessa di ultratrail Cecilia Mora che ha guadagnato posizioni man mano che la salita diventava più dura e non si è risparmiata sulle discese, al contrario di me che mi sono lasciata intimorire dalle roccette e ho cercato di dare il massimo in salita e nelle discese corribili, piazzandomi, infine, 36esima su 130 donne presenti, un numero che neanche nelle più blasonate gare italiane in montagna penso sia mai stato raggiunto per la partecipazione femminile. Non per nulla le donne inglesi hanno preteso la parità per prime in Europa e sono state le prime a guadagnarsi il diritto di voto! Tra gli altri atleti Valetudo, ottima prestazione, al rientro dopo un mese di stop, per Matteo Lorenzi, seguito da Alberto Bolcato e Giorgio Pesenti.
Nella patria delle Inov, sponsor ufficiale della gara e calzatura indossata dal 90% dei partenti alla gara, ho potuto nuovamente testare sulle discese scoscese e sul terreno impervio le mie Roclite 298, che mi hanno consentito di finire la gara senza una sola vescica ai piedi, nonostante il fango, la neve in vetta e le numerose pozzanghere. Grazie a queste scarpe la gara in montagna diventa un puro divertimento e non un calvario. Spesso, infatti, ho finito le gare senza talloni, coi calzini insanguinati e la prospettiva di un stop, più o meno lungo, per aspettare che la pelle si cicatrizzasse e mi consentisse nuovamente di correre. Mentre ora, come nella poesia di Wordsworth ‘Daffodils (Narcisi)’, anche a me a distanza di tempo, mentre sono distesa sul letto, improvvisamente riaffiora alla memoria la visione della marea di narcisi, che nel lake district crescono spontanei nei prati, oltre che dei panorami stupendi visti dalle vette, ‘suscitando in me una sensazione piacevole di gioia.
Avventura nel regno Unito
Di Andrea e Matteo, i figli di Debora Cardone
Insieme al nostro papi, abbiamo accompagnato la nostra mamma a correre nel Regno Unito. E’ la seconda volta che viaggiamo in aereo ed è molto bello!
Siamo partiti molto presto al mattino, noi abitiamo a Coassolo T.se, nelle Valli di Lanzo e l’aereo ci aspettava a Bergamo. Arrivati a Manchester abbiamo fatto ancora un lungo viaggio in auto e, a dire il vero, questi inglesi (come dice il nostro amico Teo), sono un po’ strani: guidano a destra nella corsia di sinistra …. tutto il contrario: poveri papi e Giorgio, il Presidente, che hanno dovuto guidare! Anche il mangiare è un po’ così così.
Però il paesaggio è bellissimo perché le case si assomigliano tutte e sono carine, ci sono prati verdi verdissimi e le pecore, (tantissime e c’erano anche tante mamme con gli agnellini) sono sparse qua e là, non come da noi sempre tutte in gruppo.
La mattina della gara noi e la mamma abbiamo spedito papi a fare una bella corsetta sul percorso di gara e siamo andati a giocare in un bel parco giochi vicino ad una scuola e c’erano due coniglietti che scorrazzavano e pure un corvo dentro ad una casetta sotto il tetto della scuola, che forte!
Poi è arrivata l’ora della gara, noi siamo saliti sul sentiero per andare incontro alla mamma: c’era un sacco di gente lungo il percorso, il terreno era morbido, proprio come piace a noi! Ad un certo punto sono arrivate le prime donne ed anche i primi uomini, velocissimi e poi anche la mamma e papà la incitava a più non posso. Noi invece non diciamo mai niente però la “mami” ci manda sempre un bacio. Dopo siamo tornati indietro ma non dallo stesso sentiero e quando abbiamo incontrato la mamma, che era già arrivata, la prima cosa che le abbiamo detto è stata: – Tu non sei scesa per il prato bellissimo, noi abbiamo fatto un scorciatoia e siamo scesi a “Bumbazaaaaa” e abbiamo anche trovato un teschio di una pecora!
Terminata la gara abbiamo aiutato a ritirare teloni e striscioni e Matteo per poco non prendeva il volo con il vento che c’era; abbiamo giocato con i cani-pastore che sono super ubbidienti e ci siamo arrampicati su un favoloso grande albero! E tra le pecore gironzolavano dei fagiani tranquilli tranquilli ma ssss… se lo viene a sapere nonno Marco che è un cacciatore!
Al ritorno all’aeroporto di Manchester abbiamo visto un aereo enorme, a due piani: che spettacolo!
Certo, a casa ci aspettavano i nostri nonni e bisnonni ma anche Chicco e Nene (le nostre gatte) e Rocky e Alì (i nostri cani) perciò un po’ di nostalgia c’è sempre …..ma che avventura!!
Ah! A scrivere questo nostro pensierino ci ha aiutato la mamma perché noi abbiamo solo 5 anni (Matteo) e 7 anni (Andrea). Ciao da Andrea e Matteo.