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Dal Giro del Monviso al Tour Monviso Trail: un po’ di storia


Chi sarà stato il primo salitore del Monviso? William Mathews e compagnia arrampicando nel 1861 come sostengono i sacri testi, i militari/geologici dello Stato Maggiore francese almeno un secolo prima come sostiene lo studioso Olivier Jhoseph oppure, ancora, Sebastiano A. come sostiene l’atleta e scrittore Dario Viale nel suo interessante libro di “leggende” occitane?
Le “Prime” appartengono al campo del “conosciuto” solo per l’ovvia impossibilità di scrutare quanto avvenuto “prima della Prima”.
La storia del Giro del Monviso prende il via con l’anno 1987 non avendo conoscenza, almeno diretta, con quanto possa, in materia, essere successo in precedenza. L’anello di congiunzione tra i due semi – paradossi è proprio Dario Viale che ha dato la sua versione sulla conquista del Monviso e, nel contempo, è stato uno degli attori principali della prima edizione del Giro del Monviso il 30 agosto 1987.
Sono passati solo 30 anni dal punto di vista temporale ma sono trenta anni che hanno visto cambiare profondamente il mondo dello sport; di quello sport all’epoca in transito dalla definizione “Marcia Alpina” a quella di “Corsa in Montagna” per poi approdare, in tempi più recenti, alle più altisonanti Skyrace e Trail. Erano gli anni nei quali non esisteva il recente concetto del “Finisher” ovvero l’atleta che ha come obiettivo principale quello di “finire” il percorso previsto nei tempi (e cancelli) dati assegnando alla classifica una importanza secondaria. Erano gli anni nei quali la competizione era l’obiettivo principale da praticare con il coltello tra i denti.

A quel tempo le gare “eroiche” di Marcia Alpina erano davvero poche: nei nostri territori la Tre Rifugi in Val Pellice, la Tre Funivie a Sestriere, lo Chaberton a Cesana ad esempio. L’idea di proporre il Giro del Monviso fu un atto di puro pionierismo sportivo: 39 km (circa) con dislivello di salita di mt. 2415 (in discesa 2404 precisava il volantino in epoca ante GPS) con partenza da località Castello ed arrivo nel concentrico di Pontechianale in alta Valle Varaita.
Proprio in quell’anno si svolse la terza edizione dell’Himalaya Marathon, gara a tappe sulle montagne nepalesi alla quale prese parte, vincendola, Dario Viale in compagnia del compagno di imprese sportive Giovanni Martino e forse il “coraggio di osare” agli ideatori del Giro del Monviso venne proprio dal successo che stavano registrando i primi tentativi in materia di uno sport allora considerato estremo.
Il volantino ufficiale elenca sul frontespizio coloro che hanno avuto il coraggio di proporre l’avvenimento: Comunità Montana Valle Varaita e Valle Po – C.A.I. Sezione Monviso Saluzzo – C.A.I. Sezione di Barge – Podistica Comunità Montana Valle Varaita. Il Comitato Organizzatore sotto la guida di Valerio Bergerone (Direttore di gara Mario Isoardi) era così composto: Pier Matteo Roulph, Paolo Ansaldi, Laura Chiotti, Mario Abbà, Antonio Arnaud, Giuseppe Bassignano, Ettore Borsetti, Felice Cacciolatto, Pietro Chapel, Secondo Martina, Aurelio Monge Roffarello, Antonio Palmero e Giovanni Turco.
E così il progetto divenne realtà e domenica 30 agosto 1987 prese il via l’avventura con una prima inaspettata sorpresa: ben 144 iscritti, un record assoluto per l’epoca e per la tipologia di gara. Partirono in 133. Novantanove compirono l’impresa e ben 34 furono i ritirati, segno della preparazione approssimativa di quei tempi.

DAL GIRO DEL MONVISO AL TOUR MONVISO TRAIL
30 AGOSTO 1987 – PONTECHIANALE INCORONA SILVIO CALANDRI E PAOLA DIDERO

Il Monviso osservava, non senza stupore, quegli strani esseri umani che nel mese di agosto 1987 gli facevano visita pur senza raggiungerne mai la cima: abbandonati pantaloni alla zuava ed i tradizionali scarponi indossavano maglietta, pantaloncini e scarpette e percorrevano (quasi) sempre di corsa i suoi sentieri. Anche in alta Valle Varaita erano arrivati i “Corridori del Cielo”, in termini più pomposi “Skyrunners”!
Il luogo di ritrovo era una Frazione di Pontechianale dove la diga precipita a valle ed in specifico la Frazione Castello. Di lì un ardito sentiero saliva a Grange Gheit da dove partiva il vero e proprio Giro del Monviso via Gallarino, Quintino Sella, Pian del Re, Traversette, Bailiff, Vallanta e fine pena nel concentrico di Pontechianale: Km 39 e dislivello positivo di 2415 metri. Questo recitava il programma tecnico di un apposito voalntino. Occorreva affinare una qualche preparazione per l’ “Impresa” sportiva senza potere contare su tabelle specifiche a quel tempo inesistenti. Provare a correre sempre o limitarsi a marciare riservando la corsa per i tratti pianeggianti e le discese? Quale alimentazione prima e durante la gara? E l’abbigliamento giusto?
Solo qualcuno poteva contare sulle esperienze pregresse. Tra questi c’erano i favoriti d’obbligo (almeno così li presentava un corposo articolo su “La Stampa”) ovvero l’Italiano Dario Viale e lo svizzero Felix Thurler reduci dai primi due posti alla Himalaya Marathon svoltasi, per la terza volta, in Karakorum nella stessa estate.
L’ agosto ’87 è stato un mese di prove dai tratti anche empirici oltreché pionieristici: si racconta di atleti che sperimentavano la colazione a pane, salame e vino per darsi forza e tono prima dell’impresa, qualcun altro, in tempi ante GPS, sbagliava vallone e saliva il selvaggio Vallone dei Duc “scoprendo” l’esistenza del Passo del Ranco o del Passo Calatà. Qualcuno si concentrava su di un dettaglio che sfuggiva ai più: come superare indenni l’ultima asperità costituita dai circa 3 km finali (quasi pianeggianti) che dalla diga portavano al traguardo? Non ostante le molte incognite la proposta agonistica del Giro del Monviso rappresentava un obiettivo irrinunciabile per l’ambizione dei protagonisti dello sport povero (e non povero sport) della Marcia Alpina.
E venne il giorno dell’evento: 141 pionieri accettarono la sfida anche se poi alla partenza si presentarono “solo” in 133. Numeri alti per l’epoca e per le incognite dell’inedita avventura sportiva. L’elenco dei presenti e delle società sportive rappresenta un tuffo nella storia della specialità: Scrimaglia Adriano, Silvio Calandri, Poet Bruno, Dario Viale, Ruffino Elio, Martino Giovanni, Giusiano Oscar tra gli altri atleti e Libertas Challant, U.S. Coazze, Gasm Torre Pellice, Atl. Cavour, E’ Sport Damberto, G.S. Bognanco… Al vero 39 “pionieri” dovettero ritirarsi per cause varie accontentandosi dell’”averci provato” e le classifiche ufficiali classificano 99 arrivati tra i quali 4 donne!
Fu gara vera e riservò anche alcune sorprese: tra queste di grande rilevanza la vittoria, imprevista da una stampa poco informata, del montanaro Silvio Calandri di Ussolo di Prazzo (4.18’33”) che nella discesa finale raggiunse e staccò un Dario Viale appesantito dalle fatiche himalayane e dal mancato recupero come lui stesso afferma in “Trail de vie” il suo ultimo (capo) lavoro edito da Fusta Editore…E che dire di Bruno Poet (altro esempio di cuore matto escluso, proprio per questo, dal servizio militare), altro montanaro ma in questo caso della Val Pellice che giunto al Pian del Re decise per il ritiro ma costretto alla ripartenza, dopo qualche minuto di pausa, dal tifo degli amici valligiani riprese la corsa in 9° posizione per concludere in rimonta conquistando la seconda piazza (4.27.21)? Terzo finì Elio Ruffino, anche lui montanaro della Valle Sangone davanti ad uno strepitoso Martino Giovanni, reduce dalla impresa dell’Himalaya ma più prudente nel gestire le proprie forze. Felix Thurler trovò un buon nono posto (5.04’42) anche se non all’altezza delle attese (e dei pronostici). La gara femminile, accettata a mala pena dalla fidal, confermò le grandi potenzialità atletiche della Valsusina Paola Didero (40° assoluta in 5.58’40) cha mise a frutto le precedenti esperienze di specialità sullo Chaberton.
Stupì la presenza di un settantatreenne…Musso Giulio – Cedas Fiat finito gloriosamente ultimo in 8.49’23” e senza rivendicazione di apposite “categorie” per potere dirsi “vincitore”: merce rara al giorno d’oggi!
La piazza di Pontechianale appariva come un campo profughi al termine della gara con atleti provati dai crampi favoriti da una splendida giornata di sole oltreché dall’insufficiente idratazione muscolare.
Gli applausi che accoglievano gli “eroi” al traguardo si alternavano ai lamenti di atleti distrutti dalla fatica e consolati da intere famiglie salite in alta valle a sostenere l’impresa inumana! Circolavano opinioni ed epiteti irripetibili per scurrilità nell’immediato dopo gara ma poi… hanno fatto capolino le prime strategie per l’edizione 1988: forse la prima salita a Castello verso Grange Gheit va presa più con calma…forse…

DAL GIRO DEL MONVISO AL TOUR MONVISO TRAIL -2-
28 AGOSTO 1988 – LA VITTORIA DI ELIO RUFFINO E L’ESCLUSIONE DELLE DONNE

E già, le strategie: Oggi molti saprebbero consigliarti sia nelle tabelle di preparazione sia su come affrontare lunghe distanze e grandi dislivelli ma nel 1988 non c’era nulla di tutto questo. I numeri degli appassionati era molto ridotto e non esisteva un mercato specifico di materiali, neppure le moderne scarpe da Trail. Ci si adattava con quello che l’industria costruiva per la più nobile Atletica, di pista o strada (Stadia e No Stadia direbbe la Fidal), purché fosse sufficientemente robusto da arrivare a fine gara. Adidas Rome, per esempio, oppure le mitiche Asics Epirus adottate dalla squadra della blasonata Forestale Roma. I bastoncini erano riservati allo sci di fondo ed allo scialpinismo mentre la marcia veniva aiutata, sulle pendenze più marcate, dal lavoro “a pantografo” delle mani sulle gambe.
Ma l’edizione 1988 del Giro del Monviso è ricordata anche per il divieto di partecipazione delle donne imposto dalla Federazione Italiana di Atletica Leggera. Non erano servite a fare rinsavire la Federazione le performance di Rita Marchisio, che nel 1982 aveva vinto la Maratona di Osaka correndo una distanza “fortemente sconsigliata” alla categoria femminile; oppure della coppia Depetris Eva e Giordan Ivana che sfidarono i sommi divieti regolamentari, al vero in questo caso del Club Alpino Italiano versione Val Pellice, partecipando alla Tre Rifugi nel 1980. “Rien a faire”: la sentenza della F.I.D.A.L., chiamata dal Coni a gestire uno sport che non conosceva, impose le sue regole. E dire che l’anno precedente Paola Didero (Federazione distratta) aveva dato una dimostrazione sul campo della potenza atletica femminile (anche) in quello sport.
L’avvento della Fidal (primi anni ’80) nel settore delle (ex) Marce Alpine provocò qualche danno al settore specifico. I regolamenti federali, infatti, erano scritti per altre discipline e difficilmente applicabili nei percorsi montani. In questa operazione di implementazione la Federazione si dotò di un apposito Comitato Nazionale di Corsa in Montagna per una opera di armonizzazione tecnica complessiva ma quest’ultimo ha sempre faticato a trovare adeguato ascolto non essendo, la Corsa in Montagna, uno sport olimpico. Del Comitato faceva parte Bartolomeo Aimar, giudice di gara del Giro del Monviso.
Pur con il divieto femminile furono 161 gli atleti che si iscrissero. Di questi 150 presero il via alle ore 8 dalla Frazione Castello. Mancavano all’appello 11 iscritti: si mormora che tra questi ci fosse anche qualche militare “comandato” a partecipare e che aveva “marcato visita” di fronte al Re di Pietra! La classifica ufficiale prosegue definendo in 122 i classificati con 8 atleti fuori tempo massimo e solo più 20 ritirati: meno 50% rispetto alla prima edizione. Segno evidente che il “coraggio dell’incoscienza” ha lasciato il posto ad una più adeguata preparazione.

L’Eroe di giornata si è rivelato essere Elio Ruffino, anche lui di discendenza margara e proveniente dall’alpeggio del Ciargiour in alta Valle Sangone. Nella prima edizione aveva dovuto cedere la seconda piazza a Bruno Poet rinvenuto forte nella seconda parte della gara e così ha pensato bene di prendere il largo fin da subito scavando un solco finale superiore ai 15 minuti. Due minuti in più del vincitore della gara di esordio (4.20’11”) ma troppe sono le incognite su quei tracciati per potere fare una graduatoria realistica sul crono delle prestazioni. Il venaschese Giovanni Martino mettendo a frutto l’esperienza del 1998 conquista uno strepitoso 2° posto per la gioia di Felice Cacciolatto, presidente della U.S. Sanfront, che sulla vetta del Monviso si era sposato, relegando al terzo gradino del podio il vincitore della prima edizione Silvio Calandri. Anche il mitico Marco Olmo fu della partita, ante “marathon des sables”: 6° posto per lui che aveva nella corsa resistente la sua migliore qualità.
La classifica per società fece registrare il trionfo della Atletica Cavour impegnata, in allora, nella partecipazione ai Campionati Italiani di Corsa in Montagna. Bella storia sportiva, quella dell’Atletica Cavour: avendo a disposizione la Rocca in luogo di una pista di atletica utilizzò quell’anomalo impianto per realizzare una delle più esaltanti equipe sportive riuscendo, addirittura, ad allestire, sulla rocca stessa una prova di Campionato Italiano di Corsa in Montagna (1987)!
Sotto il sole pomeridiano le premiazioni hanno assegnato il ricco monte premi (in denaro: 300.000 Lire al vincitore) ad atleti e società. Le fatiche della gara hanno lasciato spazio alla soddisfazione dell’impresa compiuta ma nel “parterre” si mormora di grandi novità in vista della 3° edizione: non tutti le gradiranno.

DAL GIRO DEL MONVISO AL TOUR MONVISO TRAIL -3-
27 AGOSTO 1989 – GABRIELE BARRA E LIVIO BARUS (STRA)VINCONO UN GIRO DEL MONVISO “MUTILATO”

Ed eccola la grande e, sportivamente parlando, tragica novità del Giro del Monviso terza edizione che, nei fatti, ha contribuito in modo determinante alla sua stessa fine nella versione “vecchio testamento”: il cambio radicale della formula tecnica passata da gara individuale su tutto il tracciato a gara a staffetta tra due atleti (ancora rigorosamente maschili) con cambio in zona Pian del Re!
Novità alla quale hanno contribuito gli altalenanti regolamenti della Federazione Italiana di Atletica Leggera attraverso l’apposito Comitato Nazionale Corsa in Montagna. Le distanze ed i dislivelli del Giro originale erano ritenuti eccessivi in tempi ante “gran fondo” prima e “trail” in tempi più recenti! Il “Giro” nel suo insieme non cambiava ma il fascino dell’avere “circumnavigato” in Monviso in solitaria fu precluso!
La scelta tecnica non premiò la partecipazione, divenuta di una ottantina di staffette in luogo di 160 singoli atleti ma determinò, per organizzazione ed atleti, notevoli disagi logistici facilmente immaginabili.
Tutto questo nulla toglie al valore sportivo dei vincitori della edizione 1989: Gabriele Barra consegnò in zona cambio la 4° posizione provvisoria(2.00’31”) ad un immenso discesista quale Livio Barus che si incaricò di recuperare la testa della gara facendo segnare il miglior tempo nella sua frazione in 2.06’52”! La loro Società Sportiva si chiamava, già allora. S.D. Baudenasca con l’aggiunta dello sponsor Roma Petroli. Per completezza di informazioni tecniche occorre chiarire il livello degli atleti presenti: la prima frazione fece registrare il miglior tempo di Marco Sclarandis (Atletica Cavour – 1.53.42) davanti a Marco Olmo (Com. Mont. Alta V. Susa – 1.56’01”) e Lantelme Pier Luigi (Valli di Lanzo – 1.57’40”). Nella frazione conclusiva, detto dello strapotere di Livio Barus, va segnalato il secondo tempo di Elio Ruffino, il vincitore della 2° edizione, (U.S. Coazze – 2.08’26”) ed il terzo di Dario Viale (U.S. Sanfront – 2.08,53”) tornato a visitare il Monviso in compagnia di Giovanni Martino.
Ovviamente ne risentì anche il tempo complessivo determinando, per i vincitori, un totale di 4.07.23, migliorando di circa 11 minuti il tempo precedente di Silvio Calandri in “solitaria”.
Come detto, la formula “a staffetta” del Giro del Monviso 1989 contribuì alla fine della competizione nella sua versione “antico testamento”. Concorse a questa scelta anche lo stress che l’allestimento di dette manifestazioni comporta per gli Organizzatori. In questo caso ne è testimonianza il saluto finale di Valerio Bergerone, coordinatore della macchina organizzativa, che, nel bollettino del Cai Monviso Saluzzo (n. 33 del Gennaio 1990) così scriveva: “…con una stretta di mano tra noi del Comitato ieri sera, dopo un incontro brutto e triste, ho passato il testimone ad un altro presidente al quale auguro tutte le emozioni ed i momenti belli che questo impatto con il mondo podistico di alta quota mi ha regalato…il Giro del Monviso era l’ultima cosa che pensavo di organizzare, ed invece sono state tre le edizioni, troppe. Lasciano un segno indelebile”.
Ma il saluto di Valerio aggiungeva un particolare che farà riflettere chi faceva parte dell’avventura. Tra i mille ringraziamenti ha voluto citare anche un fatto negativo. Scrive, infatti: “Uomini hanno lavorato per altri uomini in modo volontario per assistere la sicurezza al passaggio degli atleti…un concorrente ha percorso la sua frazione insultando proprio tutti, spettatori compresi. Ha anche maledetto il Monviso che si è vendicato con una delle sue leggendarie frane di sassi dal versante nord…poverino: non ha capito proprio niente del nostro lavoro…Le (gli per la precisione – nota dell’autore) auguro di pensarci su e di ravvedersi così potrà anche lui divertirsi e stupirsi dei paesaggi che incontra praticando l’entusiasmante sport che ha scelto!…”
Chi era costui? Il quesito ha una risposta chiara nella mente degli atleti del tempo che fu ma… per rispetto non so se ve lo rivelerò nei prossimi racconti attorno al Monviso oppure…scorrete la classifica!
Come scritto, la terza edizione del Giro del Monviso concluse un’epoca e dovettero passare 24 anni prima della “rinascita” in versione “nuovo testamento” complici (anche) i gemelli Dematteis ma questo è affidato alle prossime puntate della fiction “DAL GIRO DEL MONVISO AL TOUR MONVISO TRAIL”. C’è ancora molto da raccontare.

Di Carlo Degiovanni


Giancarlo Costa

Snowboarder, corridore di montagna, autore per i siti outdoorpassion.it runningpassion.it snowpassion.it e bici.news. In passato collaboratore della rivista SNOWBOARDER MAGAZINE dal 1996 al 1999, collaboratore della rivista ON BOARD nel 2000. Responsabile tecnico della rivista BACKCOUNTRY nel 2001. Responsabile tecnico della rivista MONTAGNARD e MONTAGNARD FREE PRESS dal 2002 al 2006. Collaboratore della rivista MADE FOR SPORT nel 2006.