L’ Etna è una montagna diversa, è viva
Di Paolo Grossi (Valetudo Skyrunning)
Correre i 42 km di una maratona ha sempre qualcosa di magico e poco spiegabile, forse è proprio il numero simbolico che riporta all’antichità, forse per una serie di domande interne e di dubbi che si presentano sempre prima di partire. Correre 42 km su un vulcano è ancora di più: sono 42 km di emozioni, di sorprese, di novità, di scoperte. Non ero mai stato sull’Etna prima e avevo in mente solo qualche immagine televisiva delle sue esplosioni a 3000 metri, delle colate e dei tentativi di arginarle, dei paesaggi neri e brulli, quasi morti. Ho scoperto invece il verde, i boschi, le latifoglie e le conifere, la brina del primo mattino, un mondo di colori.
L’Etna è una montagna diversa da tutte le altre, a cominciare appunto dai suoi colori. Forse questa stagione è quella in cui si possono ammirare di più: alcuni alberi già ingialliti, alcuni arrossati, altri ancora verdi nelle diverse tonalità, i prati a chiazze verdi e gialle. E questo mondo di colori va a contrastare con il nero di fondo della lava, che sempre sotto i piedi e sulle pendici verso la cima ricopre tutto e li esalta.
La vista in partenza è magnifica, sotto tra i boschi sorgono antichi crateri ora spenti e sullo sfondo appare lontana ma vicina Catania, con la distesa del mare a perdita d’occhio. All’ombra c’è la brina, ma il sole è bello caldo e non sembra di essere quasi a 2000 metri. Si parte e nei primi chilometri si affronta il tratto più tecnico, con qualche roccia lavica da saltare o aggirare, poi saranno 40 km su comoda mulattiera con un paio di salite per un totale di 1000 m di dislivello positivo, ma sempre ben corribile.
C’è tempo e modo di parlare e guardarsi in giro, perdendo anche la cognizione di essere finito tra i primi. Ho fatto tanti chilometri in solitaria guardando il paesaggio, ma ovunque guardassi, la coda dell’occhio destro vedeva sempre quel pennacchio sulla cima. È questo alito di fumo che rende l’Etna una montagna diversa dalle altre, quel fumo ricorda costantemente come questa non sia una montagna immutabile, ma come sia viva, che ogni tanto si risvegli e modifichi la sua fisionomia distruggendo ciò che prima aveva creato e ricostruendolo diversamente.
La seconda salita è relativamente dura, e qui riesco a seminare il triatleta Vincenzo, involandomi sugli ultimi chilometri verso la quarta posizione finale. Nonostante il ritmo verso la fine fosse sotto i 4 min/km, si riesce comunque ad ammirare, passandoci attraverso, una colata probabilmente abbastanza recente visto che nelle sue forme convulse fluttuavano ancora i resti di qualche albero abbattuto e bruciato.
Da ignorante del luogo mi aspettavo un arrivo in un mare di lava, e l’ultima cosa che mi sarei aspettato era una pineta, ma così è stato. Il rifugio Ragabo è posto in una pineta formata da alberi altissimi, e ci ha offerto un ottimo pranzo con prodotti siciliani che ci hanno fatto concludere la gara nel migliore dei modi.
Un plauso va agli organizzatori che sono stati perfetti e molto precisi. I complimenti ai miei compagni di squadra Emanuela per la vittoria, Miki per il secondo posto, il presidente Giorgio per l’ennesima bella gara (ti avevo detto che non ti avrei dato un’ora!), Sabine e Claudio per aver completato la loro prima 42! Grazie anche a Serenella e Sasha per il tifo e per la compagnia durante questa splendida trasferta in terra sicula, arrivederci all’anno prossimo!