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Il racconto della Lavaredo Ultra Trail


Di Carmela Vergura

Agosto 2009, mio marito mi propone di andare ad allenarmi sui sentieri delle Tre Cime di Lavaredo, nel cuore delle Dolomiti Bellunesi. Ne avevo sempre sentito parlare, soprattutto per le grandi ascese e le vie di arrampicata sulle loro pareti, queste montagne sono un patrimonio naturale unico al mondo. Accetto ben volentieri il suo invito e per alcuni giorni mi diverto come una bambina a salire e scendere attorno a queste cime imperiali. Nel frattempo scopro che intorno a queste cime da qualche anno si svolge anche un trail.Luglio 2010, un anno dopo. E’ la mezzanotte tra venerdì e sabato del 26 giugno 2010, in cielo le stelle ci illumineranno la strada, la luna piena diventerà una guida e le Tre Cime saranno le Regine del nostro incredibile viaggio intorno ad esse. Più di 500 trailer, con gli zaini pieni del  materiale obbligatorio e non, i trailer sono stati  meticolosi e previdenti, pronti ad affrontare ogni tipo di situazione meteorologica.

L’adrenalina è altissima, l’emozione fa venire la pelle d’oca, il pala ghiaccio di Auronzo per alcuni giorni, si è trasformato nel tempio del trail. Parenti, accompagnatori, amici e curiosi sono in trepida attesa come noi, per l’ora x: la mezzanotte delle pile frontali, delle scarpe da trail. Esse lasceranno impronte silenziose sui sentieri che d’estate diventano affollatissimi.  In mezzo a tanto ardore fisico di uomini e donne che proveranno a terminare questa sfida di oltre 90 km, ci sono anch’io e molti amici piemontesi: Federico, Roberto, Roberto, Giorgio, Wudi dalla Guadalupe, Maurizio che ci accompagnerà con la sua voce attraverso il microfono. L’avventura che sta per iniziare, ha come tempo massimo per terminarla 24 ore, ci sono due cancelli orari, quattro ristori, il percorso è tracciato con bandelle e catarifrangenti ma, soprattutto, sarà ben illuminato dalle nostre pile frontali.

Mancano pochissimi minuti, non riesco a pensare a nulla, di solito m’imprimo l’immagine dei miei cari come un segno di portafortuna. E’ strano che una gara come questa mi possa annullare i pensieri. Mi sento un’ansia addosso pazzesca e ho paura del buio che affronterò. Non ho mai corso al buio, chissà cosa mi aspetta, cosa ci aspetta? La curiosità, il timore, i dubbi sulla riuscita della prestazione, prende il sopravvento e all’improvviso una musica celtica e il via urlato di Maurizio, ci lancia lungo le transenne preparate nel palaghiaccio.

Adesso o mai più. La 4a edizione della Lavaredo Ultra Trail è partita, la luna spazza via le nubi che ne avevano celato per qualche minuto la sua lucentezza e la rotondità, le stelle sono stupende stanotte,  potrei anche spegnere la mia lucina e lasciarmi guidare dalla loro luce.

Parto veloce, troppo, i primi 15 km sono tutti da correre come lepri, forse ho bisogno di scaricare un po’ quest’ansia che mi attanaglia la gola, rischio di andare oltre le mie possibilità. Le gambe girano, mi sento bene, molti giorni di riposo mi hanno ritemprata, al 10 km sono prima donna… che cosa sto facendo? Da dietro arriva Giuliana, lei si che ha esperienza di gare lunghe e, tranquillamente, con il suo passo felino mi supera e va. Io mi calmo, respiro bene, mi metto al passo e penso che il dislivello è appena iniziato, i chilometri sono tanti.

Cominciamo a salire verso il rifugio Carducci, il sentiero diventa un incredibile serpentone di lucciole. E’ fantastico: guardo verso il basso e mi viene un nodo in gola per l’emozione: un serpentone lunghissimo di luci che si muovono lentamente. Il silenzio della notte è rotto solo dal rumore dei bastoncini. Incrociamo i primi tratti di neve e la temperatura si fa bassa.

Primo ristoro vicino al rifugio, c’è un po’ di vento ma siamo a oltre 2000 metri, mi fermo a bere e intanto sono transitata come terza donna, indosso il Kway e riparto. Si passa davanti al rifugio Rifugio Locatelli e poi discesa a perdifiato.

Lungo tratto tra boschi e successiva risalita verso chiesetta Misurina. Fin qui il percorso al buio è estremamente facile e il secondo ristoro a Federavecchia, km 42, mi vede transitare a soli 10 minuti di ritardo dalle altre donne.

Primo controllo cronometrico: sono 6 ore e 16 minuti che corro e mancano più di 50 km. La tensione pre-gara si è sciolta con all’alba, con il sole che ha illuminato gradatamente le varie cime.

Riparto, nel frattempo della  ripresa della gara,  telefono a mio marito per dirgli che sono quasi a  metà gara …ma il bello doveva ancora arrivare.

Dai 45 ai 55 km si sale verso Forcella Grande, il sole comincia a fare capolino, le temperature molto più gradevoli e la salita ripida. Breve discesa al Rifugio San Marco e successiva erta verso Forcella Piccola. La sete e la fatica sono l’una compagna dell’altra e non vedo l’ora di giungere al terzo ristoro. Capanna degli Alpini, km 63, in questo punto parecchi  concorrenti hanno deciso di alzare bandiera bianca, alcuni si fermano a mangiare la pasta e a riposare, la sottoscritta beve di tutto. Riparto con estrema fiducia e penso  che la gara va terminata, anche se impiegherò più del tempo previsto.  

L’ascesa al rifugio Chiggiato è una vera via Crucis… in soli 3 km il dislivello di 800 metri fa intuire molto bene che i chilometri finali non saranno affatto facili.

Quando arrivo all’ultimo ristoro del rifugio Baion mancano solo 16 chilometri, penso E’ FATTA!, continui saliscendi, insidiosi sentieri nell’erba e l’ennesima salita verso il Col Agudo,  pare mettere fine alle alla mie ultime forze. Finalmente le piste da sci e due volontari, quasi sorridendo, mi confermano che ci sono solo 7 chilometri di discesa.

Le ginocchia piangono dal male su queste pendenze da sciatori, intravedo da molto lontano Auronzo, quando vedrò anche il lago posso dire che il traguardo è vicino.

Ultimo passaggio lungo la riva sinistra del lago, una scia di giovanissimi mi viene incontro correndo, sono canoisti impegnati in alcune gare.

Finalmente il palaghiaccio, ultimi metri e il gonfiabile all’interno della struttura mette fine alla mia gara in un tempo di 15 ore e 25 minuti.

Abbraccio Maurizio, lo speaker amico che urla il mio nome, mi salgono le lacrime . Una volontaria mi pone la medaglia al collo e mi consegna  un gilet di finisher. Sollevo lo sguardo e le vedo: Le Tre Cime mi stanno sorridendo, come a volermi salutare. Quasi mi dispiace che sia finita. Piego la testa in avanti come una riverenza alle tre Principesse e ringrazio del giorno vissuto intensament.

Giancarlo Costa

Snowboarder, corridore di montagna, autore per i siti outdoorpassion.it runningpassion.it snowpassion.it e bici.news. In passato collaboratore della rivista SNOWBOARDER MAGAZINE dal 1996 al 1999, collaboratore della rivista ON BOARD nel 2000. Responsabile tecnico della rivista BACKCOUNTRY nel 2001. Responsabile tecnico della rivista MONTAGNARD e MONTAGNARD FREE PRESS dal 2002 al 2006. Collaboratore della rivista MADE FOR SPORT nel 2006.