Nadia Battocletti settima nei 5000 metri olimpici, Ala Zoghlami nono nei 3000 siepi
Alle Olimpiadi di Tokyo sempre più entusiasmante Nadia Battocletti. Trema il record italiano dei 5000 metri, come non mai. Nella finale olimpica c’è l’ennesimo, enorme miglioramento di una stagione da incorniciare. Subito cancellato il 14:55.83 di tre giorni fa, con un fantastico 14:46.29 a meno di due secondi dal primato per la figlia d’arte trentina che quest’anno ha vinto a livello continentale tra le grandi (con il trionfo agli Europei a squadre) e in campo giovanile (conquistando il titolo under 23). A Tokyo viaggia con le big mondiali nei primi quattro chilometri, agganciata al gruppo, con la sua falcata leggera ed efficace. Si corre con parziali di 3:02, 6:01 e 9:01 sulla spinta dell’etiope Ejgayehu Taye, poi l’andatura aumenta (11:58) e la 21enne azzurra si ritrova da sola, all’ottavo posto, prima di recuperare una posizione ai danni della turca Yasemin Can. Furibondo l’ultimo giro che incorona la stakanovista Sifan Hassan (14:36.79), di nuovo in pista dopo il primo turno dei 1500 al mattino, dove ha vinto la batteria nonostante una caduta. L’olandese, già due ori mondiali a Doha (ma in quel caso con i 10.000 abbinati ai 1500), spazza le velleità dell’ex iridata keniana Hellen Obiri (14:38.36) e di un altro pezzo da novanta come l’etiope Gudaf Tsegay, in pista da leader stagionale ma terza in 14:38.87, primo passo verso il tentativo di triplete 1500-5000-10000 metri
“Per la seconda volta ho assaporato l’atletica delle grandi – esulta Nadia Battocletti – Le avevo lì. Ho corso accanto alla Hassan per tutta la gara. Forse ho sbagliato a staccarmi quando le altre sono andate via, con due ragazze che non riuscivo a superare. Sono passata in 13:44-13:45 e quindi dovevo chiudere in 59-60 secondi per fare il record italiano. È stata una rincorsa. Volevo finire il più veloce possibile ma le vedevo sempre più lontane. Me le sono fatte sfuggire. Comunque è una finale olimpica, ho ventuno anni, c’è ancora molto su cui lavorare, soprattutto nei chilometri: le atlete di testa faranno 150 km settimanali, io a malapena cento. E questo fa la differenza nel mezzofondo”. Si guarda avanti, con ottimismo: “Sono tutti segnali che sto crescendo bene – continua – per quest’anno di 5000 ne ho fatti abbastanza, ora rallenterò un attimo per poi riprendere e fare qualche gara spuria per terminare la mia stagione. Poi preparo gli Eurocross di Dublino”. Che vuol dire gareggiare con così tante big? “Le vedevo a Londra 2012, mi sembravano aliene, credevo fosse impossibile correre con loro in un’Olimpiade. E invece eccoci qua. E con il papà-coach Giuliano l’avevamo immaginata proprio così questa gara. Cioè che avrebbero strappato. Rallentato di colpo. Ripartite repentinamente. Questa capacità di leggere la gara arriva dall’esperienza dei miei genitori: quello che conta è il coraggio, restare lì attaccati e non mollare mai. Già dalla batteria ho capito che devo lavorare ancora un paio di anni per stare lì con loro. Per ora sono arrivata a 4300-4400 metri. Sul resto, ci stiamo attrezzando”.
3000 siepi
Dopo nove ori olimpici di fila, e sette mondiali, si conclude il regno del Kenya. È questa la notizia nei 3000 siepi dove festeggia il marocchino Soufiane El Bakkali, già due medaglie iridate in bacheca, argento nel 2017 e bronzo nel 2019. Tutto si risolve all’ultima curva, prima della riviera, con l’attacco decisivo del vincitore (8:08.90 il crono finale) ai danni dell’etiope Lamecha Girma (secondo in 8:10.38) mentre l’altro etiope Getnet Wale si sbilancia per un contatto con il keniano Benjamin Kigen (bronzo con 8:11.45) e arriva quarto in 8:14.97. Il migliore degli azzurri è Ala Zoghlami, nono in 8:18.50 dopo essersi migliorato in batteria con 8:14:06, a lungo in coda al gruppo di testa e secondo tra gli europei (ottavo il finlandese Topi Raitanen, 8:17.44). Meno brillante Ahmed Abdelwahed che si stacca al secondo chilometro ed è quattordicesimo con 8:24.34, in una gara con ritmo non esagerato in avvio: 2:50 al primo mille, poi 5:35 per l’altro parziale.
Le parole di Ala Zoghlami: “Ero lucido, carico e motivato. Ho subito pensato che la scelta giusta fosse stare davanti. Con i migliori. Provare a tenere. Sul cambio di ritmo purtroppo i più forti sono andati via. È una lezione, su questo dovremo lavorare nei prossimi tre anni, da qui alle Olimpiadi di Parigi”. Gli fa eco Ahmed Abdelwahed: “Non ho recuperato del tutto la batteria – spiega – Al terzo giro ho dato una botta clamorosa: non dico che sarebbe cambiato tantissimo ma senza fastidio sarebbe stato meglio. Essere qua, arrivare in fondo, è comunque un grande stimolo. Posso crescere tanto. Questa serata mi servirà, mi farà crescere”.
Fonte Fidal