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Il Trail dei Motty raccontato da Cecilia Mora


Di Cecilia Mora.

Ci sono gare famose e prestigiose, gare con premi cospicui e nomi rinomati. E poi ci sono gare che hai nel cuore. Perché sono nei luoghi di casa, quelli che ammiri dalla finestra, quelli delle salite in bici, quelli che dici senti che “bisa”, su avrà nevicato. Sono gare a cui tieni esserci per le persone: quelle che non ci sono più ma ne serbi il ricordo, quelle che sono cari amici con cui competi, ti diverti sui sentieri e scopri che ci mettono l’anima nell’organizzare ciò in cui credono…C’è il trail dei Motty.

Ritrovo ad Armeno, partenza ore 14,00 di sabato 19 maggio. Non mi dispiace correre il sabato, usanza di già diversi trail extrafrontalieri, ti rimane tutta la domenica per il recupero.

Eccomi sotto l’arco di partenza in un clima cordiale e tranquillo. Saremo un centinaio di variopinti atleti posizionati sul via, dopo aver ricordato l’amico Claudio.

Il pomeriggio è grigio nelle sue più svariate sfumature dai toni più chiari a quelli più scuri che ti fanno dire: “la prendiamo!”. Ma la temperatura è ideale per affrontare i 45 km e 2550 di dislivello positivo che ci aspettano.

La mia partenza ha un ritmo lento, come sempre, in modo da tastare le sensazioni del mio corpo. Mi sento un po’ agitata e preoccupata per una brutta caduta rimediata in allenamento qualche giorno prima, che mi procura fastidio a livello dell’osso sacro e del coccige. Poi l’adrenalina per la gara, con le endorfine prodotte dal proprio corpo, chilometro dopo chilometro, fa scomparire il dolore e le sensazioni negative, rendendo il mio correre sempre più agile e pulito. Arriva la voglia di spingere in salita, di lasciarsi andare per le scoscese discese e di allungare il passo per i bei sentieri dei boschi.

Impossibile annoiarsi, con i continui cambi del paesaggio e della vegetazione. Dagli alpeggi ai boschi di faggio e di betulle, dalle pinete alle brughiere tinteggiate di giallo delle ginestre. Gli odori che ti accompagnano ti ricordano passaggi passati: il profumo del biancospino, degli aghi di pino, delle foglie sbattute dal vento, del passaggio di greggi.

Giro intorno alla vetta e desidero quell’arrivare sotto alle antenne, per dare il via alla discesa che riserverà piccoli strappi e bei passaggi sulle morbide creste dei monti di Armeno.

Il cielo grigio e coperto, a tratti generoso d’acqua, ha permesso a noi atleti una corsa ideale riguardo la temperatura, ma non ha reso giustizia allo spettacolo che queste cime regalano nelle giornate terse: dal maestoso Rosa, ai laghi della verdeggiante pianura padana, fino alle lontane montagne lombarde… Uno spettacolo a 360° non tanto per gli atleti intenti a fare una buona prestazione, che viaggiamo sempre a testa bassa e concentrati in ogni passo, ma per le retrovie che si sanno godere i colori, gli scorci di panorama. A loro va il mio invito a risalire sul Mottarone in una giornata di sole per lasciarsi trasportare dallo sguardo infinito per potersi godere ciò che hanno perduto.

Non sono ancora all’arrivo. Nella mia corsa da lunghi tratti solitaria, mi ritrovo poi in continui sorpassi che mi rendono compiaciuta e mi portano a non sentire la stanchezza, infondendomi il bisogno fisiologico di correre, ancora e ancora. Inebriata dalle sensazioni mi lascio trasportare e distratta non vedo, anche se ben segnalato, un bivio sulla sinistra che a breve mi avrebbe portato al traguardo.

Mi accorgo quasi subito dell’errore ma, tornando indietro, alcuni vecchie indicazioni mi portano a seguire un sentiero in salita. Piena di dubbi proseguo nell’incertezza. La mia voglia di correre e il mio star bene mi fanno salire ancora fino a quando, consultando il Garmin, divento consapevole di essere fuori strada.

Rapido Dietrofront: ecco ben evidenti i segni arancioni che indicano il percorso! Sorrido della mia distrazione e quando all’arrivo quelli che avevo superato mi chiedono dove fossi finita, rido del mio errore.

Sono soddisfatta, contro ogni mia previsione, del risultato della gara. Non mi importa se domani finirà l’effetto delle endorfine; forse avrò esagerato nel dar sfogo alle mie gambe sui sentieri del Trail dei Motty, ma, ancora una volta, i miei istinti e la mia inclinazione naturale hanno prevalso sulla cautela.

Grazie Max.

Giancarlo Costa

Snowboarder, corridore di montagna, autore per i siti outdoorpassion.it runningpassion.it snowpassion.it e bici.news. In passato collaboratore della rivista SNOWBOARDER MAGAZINE dal 1996 al 1999, collaboratore della rivista ON BOARD nel 2000. Responsabile tecnico della rivista BACKCOUNTRY nel 2001. Responsabile tecnico della rivista MONTAGNARD e MONTAGNARD FREE PRESS dal 2002 al 2006. Collaboratore della rivista MADE FOR SPORT nel 2006.