Un anno di corsa con Valentina Belotti
Quando restano da definire le graduatorie del Gran Prix Internazionale e da assegnare i titoli tricolori a staffetta, per il mondo della corsa in montagna è già tempo di primi bilanci. Per stilare un consuntivo “a caldo” di una stagione 2012 ormai alle battute conclusive, abbiamo intervistato una delle icone azzurre di questa disciplina: Valentina Belotti, stella del Runner Team 99 di Volpiano e unica medaglia azzurra individuale agli ultimi campionati mondiali. Disponibile come sempre, la forte runner bresciana recentemente convolata a nozze con l’altro campione di specialità Emanuele Manzi, ci ha regalato una panoramica a 360° sul movimento senza tralasciare alcune pecche…..
Valentina, per te ennesimo argento, ma al traguardo tanta gioia nei tuoi occhi…A bocce ferme, è ancora così o c’è un pochino di rimpianto?
«C’è un pochino di rimpianto perché il fattore “casa” ha giocato decisamente a mio sfavore! Sapevo di aver lavorato molto bene, dopo l’ultima prova di Campionato Italiano ero fiduciosa di poter fare una grande gara, ma sulla linea di partenza la tensione si è fatta sentire: le gambe erano molli e ci sono voluti tre chilometri prima di riuscire a sbloccarmi. Ma a quel punto il ritardo dalla Mayr era già arrivato a 40”-50” e nel tentativo di ricucire il buco ho dato fondo a tutte le mie energie non riuscendo nella parte finale a compiere l’impresa…».
Un Mondiale particolare, il tuo, come lo hai vissuto tra emozione, ansie della vigilia e poi finalmente la gara?
«Di sicuro chi guardasse solo al risultato finale può pensare sia stato tutto “facile” e pianificato; in realtà è esattamente il contrario… Già dallo scorso anno quando è stato deciso che il Mondiale si sarebbe disputato a Temù-Ponte di Legno, sapevo che per me sarebbe stato sinonimo di ansia…e così è stato! Ma solo a giugno ho capito veramente che se fossi rimasta a casa non sarei riuscita ad allenarmi in maniera adeguata. Complice il modo in cui sono state prese altre decisioni e che hanno portato il mio morale sotto i tacchi, non riuscivo a correre per più di quaranta minuti lenti, avevo tachicardia e affanno. Così, ho fatto le valigie sono partita per l’altura, rientrando a Temù solo il venerdì prima della gara iridata. Decisione che si è rivelata poi vincente, visto che fino all’ultimo sono riuscita a stare tranquilla…».
Dove e come hai costruito questa nuova medaglia iridata?
«Con il mio allenatore Renato Gotti avevamo già stabilito di svolgere tre settimane di allenamento in altura a St Moritz ad agosto, poi invece a causa di questa “tensione mondiale”, il periodo in quota è stato anticipato. Come dicevo sopra, a metà luglio, anche grazie ai consigli e all’incoraggiamento della Comitato Piemontese della Fidal e spronata dalla mia società, ho iniziato la preparazione al Sestriere: le sensazioni positive non si sono fatte attendere molto, ho ritrovato subito la giusta serenità emotiva per potermi allenare bene. A St Moritz poi, ho trascorso l’intero mese di agosto e il clima stupendo mi ha permesso di lavorare al meglio. Certo ho investito interamente di tasca mia, ma ne è valsa la pena. La mia preparazione estiva non si è differenziata molto rispetto a quella invernale: pochi km ma di qualità (mai più di 100 a settimana), secondo allenamento quotidiano in bici o piscina più qualche richiamo di forza in palestra. Per non disperdere energie e arrivare puntuale all’evento, il mio allenatore ha deciso di farmi gareggiare poco: solo le due prove di Campionato Italiano e la gara di Grand Prix Wmra a Mayrhofen, utilizzata più come allenamento lungo ed al termine di una proficua settimana di carico».
Il post, specie se dopo esito positivo, è sempre il tempo dei ringraziamenti: ti toccano, Valentina…
«Diverse persone mi hanno aiutato nel raggiungimento di questo risultato. In primis sicuramente “Lele”, mio marito. Ha capito il mio disagio, il mio stato di tensione e non ha esitato a mettere da parte le sue esigenze per seguirmi in tutto il periodo in altura, assecondando ogni mia richiesta e tirando ogni mio lavoro, dopo aver fatto il proprio. Il mio allenatore Renato Gotti come sempre è stato bravo nel gestire la mia testa “pazzerella”, creando un programma basato più sulle sensazioni che sui tempi in modo da farmi correre il più serena possibile: i ritmi poi sono venuti da soli! Il presidente del Runner Team, Claudio Favaretto, che quasi peggio di un fidanzato geloso, mi ha chiamata in continuazione, soprattutto quando avevo perso le speranze e le motivazioni di partecipare ai Mondiali, dandomi sempre il suo sostegno e la sua fiducia. Infine familiari e amici, che da sempre sono la mia ancora di salvezza… guai se non ci fossero stati sull’ultima salita del Tonale».
E adesso? Dopo il matrimonio, quanta voglia c’è ancora di provare ad inseguire traguardi atletici importanti…
«Mah… con la Mayr in “pensione” ci devo provare almeno un’altra volta: obbiettivo Mondiali di sola salita 2014, anche perché non credo di poter essere competitiva allo stesso e identico modo sul saliscendi, soprattutto se con discese molto tecniche. Anche se un paio di mie medaglie dicono il contrario, seppure in occasione degli ultimi Campionati Europei di Pamukkale più nessuno sembrava ricordarsene».
Uno sguardo più ampio sul movimento della corsa in montagna da parte della donna più medagliata di sempre della specialità in ambito azzurro…
«Dal 2009, anno in cui mi sono riavvicinata alla corsa in montagna, ad oggi ho visto un movimento deteriorarsi sempre più. E’ sotto gli occhi di tutti come ben più di qualcuno tra gli atleti di punta e non solo sia in evidente disaccordo con lo staff della nazionale. Tutto ciò ricade poi su una mancanza di entusiasmo e di rapporti umani, che in un “piccolo” mondo come il nostro risultano essere un boomerang pericoloso. Soprattutto se nuovi fenomeni sportivi come lo skyrunning o il trail running riscuotono sempre più successo e seguito, anche a scapito della corsa in montagna. Nel mio piccolo anche io ho pagato questa situazione: dopo la Scalata della Maddalena (inizio maggio 2012) nessuno dello staff azzurro mi ha più parlato, per sapere come stessi o quali fossero i miei programmi, se non fino alla vittoria nell’ultima gara di Campionato Italiano a Bolognano (fine agosto, a due settimane dai Mondiali…). A fine maggio, il mio allenatore aveva dato la mia disponibilità a partecipare ai Campionati Europei, pur consapevole che, rinunciando alla prima prova di campionato italiano, giustamente altre atlete sarebbero state prese in considerazione. Lo dico a scanso di ogni equivoco: sono felice che altre atlete e amiche abbiano potuto vestire o addirittura esordire in maglia azzurra, ma rimane il fatto che Renato attende ancora oggi la telefonata in cui il selezionatore azzurro avrebbe dovuto informarlo su chi fossero le convocate e se alla fine si fosse assunto o meno il “rischio” di scegliere me pur non avendo fatto gare con discesa… che poi a Pamukkale mi pare si sia rivelata nemmeno troppo tecnica».
Al di là dei risultati, in casa Italia mi sembra di capire che non siano tutte “rose e fiori”…
«Non voglio assolutamente entrare nel merito delle scelte tecniche, ma credo che il rapporto tra l’allenatore personale e lo staff della nazionale sia basilare per creare clima costruttivo e costruire una squadra il più possibile competitiva. Se io avessi dato seguito alla scelta presa ad inizio luglio di chiudere anzitempo la stagione montana per i vari motivi citati sopra, forse qualcuno avrebbe anche potuto stupirsi… Senza polemica alcuna, riconoscendo gli indubbi meriti di chi ha guidato fino ad ora il movimento, sento che nell’ambiente si respira una forte esigenza di cambiamento. Per ricreare un clima sereno e costruttivo ed investire sul futuro della nostra meravigliosa disciplina, diradando le nubi che ne hanno offuscato l’orizzonte».
Intervista di Maurizio Torri – sportdimontagna.com