Il momento della maratona italiana: gioie presenti e incertezze future
Vedere Daniele Meucci tagliare il traguardo della maratona ai campionati europei di Zurigo con il tricolore fra le mani, ha riempito di gioia il cuore di quanti amano l’atletica e lo sport in generale. Sulla 42 chilometri, un’emozione che non si viveva dai tempi di Stefano Baldini, oro olimpico nel 2004 ed europeo nel 2006.
Il movimento della maratona italiana sta vivendo un momento molto particolare: un presente nonostante tutto molto positivo, ma un futuro decisamente incerto. Meucci campione europeo, Valeria Straneo argento mondiale (lo scorso anno) ed europeo quest’anno e la squadra femminile oro continentale. Insomma, i numeri dicono che la situazione è esaltante.
A far preoccupare, è più che altro la carta d’identità dei campioni presenti e la pochezza di talenti che si vedono all’orizzonte. La Straneo, l’atleta che negli ultimi due anni ha rilanciato la maratona azzurra a livello mondiale, ha 38 anni. Non troppo più giovani le altre componenti della splendida squadra azzurra: Deborah Toniolo e Nadia Ejjafini sono classe ’77, Rosaria Console ’79 e Anna Incerti ed Emma Quaglia sono classe ’80.
Leggermente diverso il discorso per la squadra maschile: Meucci deve ancora compiere 29 anni e potrebbe apprestarsi e vivere il momento migliore della sua carriera. Andrea Lalli, classe ’87, se deciderà di dedicarsi a tempo pieno alla 42 chilometri potrebbe essere competitivo. Ma dietro a questa coppia c’è il vuoto: l’immenso Ruggero Pertile ha quarant’anni e per il resto non si intravedono atleti con il potenziale per diventare maratoneti di caratura internazionale, almeno per ora.
Senza dubbio, è però giusto e doveroso godersi anche le vittorie conquistate ai campionati europei di Zurigo solo pochi giorni fa. L’Italia ha una storia importantissima nella maratona e bisogna fare di tutto per difenderla e per continuare a essere protagonisti. La speranza è che Daniele Meucci e Valeria Straneo possano essere fonte di gioia e ispirazione per molti giovani e che rappresentino una spinta anche per la federazione, per investire sugli atleti e sulle strutture, cioè sul futuro del nostro sport. Perchè lo splendido successo di Zurigo, non sia l’ultimo che abbiamo raccontato.